La Caduta degli Dei : E anche le Tedesche piansero (Parte Prima)

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La Caduta degli Dei : E anche le Tedesche piansero (Parte Prima)

Non chiedetelo agli Inglesi e nemmeno agli Italiani. Sono gli unici due Popoli ai quali non chiedere quanti Marchi Auto possedeva il loro Paese prima di oggi. Nella migliore delle ipotesi non sapranno cosa rispondere. Ma i più esperti Vi inviteranno a sedere e ad ordinare un caffè, la questione potrebbe essere lunga…..Dal dopoguerra ad oggi infatti Gran Bretagna e Italia si contendono la Piazza di più grandi “becchine” occidentali di Marchi Auto nazionali. La prima per motivi decisamente politici (la perdita storica di mercati ex coloniali, la nazionalizzazione della gran parte dei marchi sotto la spinta laburista e lo smantellamento successivo ad opera della Sig.ra Thatcher, fino ai giorni nostri con il fallimento di Rover-MG, quattro Marchi sotto controllo estero e una manciata di Piccole Case artigianali). Sull’Italia stendiamo un velo pietoso. La Francia fa sempre storia a parte, visto che da ultimo baluardo occidentale della presenza pubblica nelle 4 ruote, campanilisticamente ha preferito uccidere da sè – dal Dopoguerra ad oggi – ben quattro Case (Panhard, Simca, Talbot, Matra) ma assorbendole nei Gruppi nazionali rimasti in vita.
Ma quando si parla di Germania, ti arrivano in mente i Nibelunghi e Wagner e credi che la parola “fallimento”, “crisi” o “Default” non faccia parte del loro vocabolario. Soprattutto nel mercato auto. Invece la storia, anche recente, dice il contrario.
La prima realtà tedesca che fece le spese dei Vincitori della Guerra fu la “Auto Union” che a sua volta dal 1932 metteva insieme quattro Marchi storici come soluzione alla crisi del mercato auto tedesco nella Grande Depressione. In pochi anni diventò un mito delle Gare sportive e un modello di innovazione tecnologica. Ma con l’occupazione di Berlino da parte dei Russi divenne bottino di Guerra : la sua Catena di montaggio ed il suo magazzino furono dilaniati, i suoi Brevetti confiscati, e ciò che restò in piedi fu solo la sfruttabilità del Marchio che alla fine passò a Volkswagen. La seconda “botta” per le marche tedesche sarebbe potuta essere la BMW. La sua produzione di moto era stata penalizzata dalle sanzioni di Guerra (divieto di produzione moto oltre 250 cc.) ed il segmento di auto di lusso che produceva era totalmente in crisi. A salvare la BMW furono la “Isetta” costruita su licenza e l’intervento di un Commissario nominato dal Governo alla fine degli anni ’50.
(Continua alla Seconda Parte)
Riccardo Bellumori

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