Volvo torna nel WTCC, 30 anni dopo il 1985 magico

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Volvo torna nel WTCC, 30 anni dopo il 1985 magico

E’ ufficiale :  secondo i lanci in Rete e le anticipazioni di cronaca, il Marchio Volvo nel 2016 sarà presente al World Touring Car Championship (WTCC) attraverso la partnership con il Team Polestar Cyan Racing che faranno correre due Volvo S60 nel TC1.

Una notizia che colpisce e che riporta in auge il nome di questo Marchio svedese dopo un certo velo di dimenticanza, considerando che Volvo resta tuttora l’unica portacolori dell’industria svedese nel Motorsport, dato per la SAAB non si riesce tuttora a vedere l’uscita da un lungo e complicato tunnel.

Polestar – Volvo è già presente nel Campionato Scandinavo e nel Campionato V8 Supercars nell’emisfero australe.L’annuncio è stato fatto non a caso allo scoccare dei 30 anni da un magico 1985 in cui la Volvo fece man bassa di titoli in Pista, ma in un periodo dove si difese dignitosamente anche nei Rallyes. Infatti nel 1985 Volvo vinse il Campionato Piloti nell’allora “Europeo Turismo”, proseguendo poi come possibile – data la evoluzione negli assetti proprietari e le condizioni finanziarie del Gruppo Volvo dalla fine degli anni ’80 – nei periodi successivi,arrivando comunque a tenere ottimi livelli in Pista fino alla metà anni Novanta (ricordiamo le rivoluzionarie 850-T5 Station Wagon). Tanto è vero che lo stesso Staff “Polestar” attraverso varie denominazioni , ha seguito l’avventura di Volvo dal 1996, pur se in modo discontinuo, fino al debutto della C30 nel 2010/2011. Il ruolino di marcia di Volvo più recente parla di quattro titoli nell’STCC. Ed ora si parte alla caccia del Titolo WTCC, con un piano che viene spiegato più o meno così: esperienza nel 2016, a Podio nel 2017 e battersela per il titolo dal 2018.

Ed allora vediamola insieme questa rapida storia di Volvo fino a quel mitico 1985 e dintorni. Ricordando una cosa: se oggi è quasi banale pensare al mercato Auto e al settore sportivo dominato dalle Case tedesche, è giusto ricordare anche che tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80 a dominare il mercato delle auto di prestigio e le corse erano proprio Volvo e Saab.Verso la fine degli anni ’70, con i giapponesi che avevano modelli incomprensibili fuori casa loro, assenti gli italiani che non concepivano l’idea di “berlina da famiglia” di lusso; assenti i francesi per lo stesso motivo dei giapponesi…E data la ancora forte immaturità del prodotto tedesco, fu il “modello Svedese” VOLVO e SAAB a diventare l’oggetto del desiderio.

L’una, la Volvo, inaugurò la moda della “Giardinetta Executive” trasformando una forma, tipicamente da famiglia suburbana, in prodotto ideale per il Manager trendy.

Mentre la SAAB con la sua “900 Turbo” fa improvvisamente invecchiare tutta la concorrenza europea ed americana: potente, dinamica, efficiente e sicura. Tutto compreso. Negli USA dilaga e di lì a poco ottiene ottimi risultati commerciali anche in Europa.

Mentre Saab tuttavia esplorava la strada del turbocompressore, vincendo per la prima volta nella storia un Rally con un motore Turbo nel 1979, per Volvo la cosa eccezionale fu che a correre e vincere furono modelli derivati dalla sua produzione di serie, che storicamente era composta da corpi vettura lunghi e ingombrati.

Pensate solo che nei primi anni Ottanta le riviste di auto elencavano solo quattro Station Wagon definendole “transatlantici”: una di queste quattro era la Volvo “244 Station”.

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Eppure le varie Volvo “240″ e “242″ nei Rallyes e le “240 Turbo” nel Campionato Europeo Turismo correvano sul serio!

La particolarità di Volvo fu storicamente quella di aggiornare ed implementare corpi vettura riproposti lungamente sul mercato auto con tecnologia di alto livello e con accorgimenti di sicurezza. Infatti tra gli anni ’70 ed ’80 le Volvo erano considerate tra le più sicure e tecnologiche del mondo. Senza dimenticare che date le condizioni climatiche le auto svedesi erano “nativamente” adatte ai fondi scivolosi e difficili.

Ed ecco che quando nel 1981 Volvo presentò la sua “240 Turbo”, la versione Station Wagon diventò la più veloce station al mondo in quel periodo.

Le “Volvo 242 Rally”  ad esempio erano l’arma Volvo per i Rally Internazionali : per chi ricorda il periodo, la FIA (Federazione automobilistica dello Sport) divideva le auto da Competizione in “Gruppo B” (Prototipi in piccola serie stradale) e “Gruppo A” (versioni di Gara derivate da grande serie). Volvo percorse questa seconda via. La “242″  inizia la sua carriera in Pista nell’ Europeo Turismo del 1980. Nel 1984 debutta nei Rally la “240 Turbo” (corpo vettura del 242). A dispetto della mole le prestazioni erano di tutto rispetto: le ultime evoluzioni avevano un motore 2,2 Litri che con il Turbo arrivava a ben 345 cavalli con il sistema di iniezione d’acqua. L’ultima evoluzione del 1986 preparata dalla “RAS Sport” toccava regolarmente i 375 Cv, con punte di 400 nelle prove di qualificazione.

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Ed ecco perchè si stava avvicinando la grande stagione: il 1985. Con la “240 Turbo Evolution” che la stessa Volvo scherzosamente rinominò “The Flyng Brick” (il macinino volante, in sintesi) on cui l’equipaggio Lindstroem e il nostro Brancatelli vinsero alla grande il Titolo Piloti nel Campionato Europeo Turismo gestiti dal Team Eggenberger Motorsport.

Ma in quell’anno Volvo compose una incredibile “cinquina” in Pista. Le sue vetture da Turismo dominarono a livello globale. Infatti Per Olof Sturesson vinse il DTM tedesco, ma una Volvo risultò prima anche nel Campionato in Finlandia, in Portogallo ed in Nuova Zelanda.

Il seguito di quel 1985 ha visto sempre e comunque la Volvo ben protagonista in Pista ma non più “asso pigliatutto”. Nei Rallyes invece la casa svedese pian piano liquidò il suo impegno dato che dopo il 1986 la FIA abolendo il Gruppo B portò tutte le maggiori Case a lanciare concorrenti dirette della “Gruppo A” Volvo e a chiudergli spazi vincenti.

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Unica successiva “idea vincente” furono le Volvo 850 T5 SW impegnata nel BTCC: la prima Wagon (rispetto ai Modelli che potevano disporre anche dei 2 o dei 3 Volumi) impegnata in pista. L’intuizione fu geniale : nonostante l’apparente maggiore voluminosità del corpo vettura, la forma regolare, allungata e rettilinea del tetto e della parte posteriore generava una maggiore fluidità dell’aria, riduceva le turbolenze a fine volume, e dunque migliorava il coefficiente aerodinamico della vettura. Ciò nonostante, vista anche la ricerca di un nuovo effetto di Marketing che la Casa Svedese cercava per riportare in alto le vendite, l’esperienza in Pista non risollevò le sorti del Marchio che alla fine del 1999 passò al Gruppo Ford.

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Poster by : Riccardo Bellumori

 

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