GIULIO ALFIERI, Cuore e Motore
1978, quaranta anni fa: il tribunale di Bologna decreta per la Lamborghini l’ amministrazione controllata, e dopo due anni la pone in liquidazione, a seguito della quale (per fortuna) non si verifica la fine di un Marchio storico ma la sua rinascita, con lo sviluppo della Countach. Poco dopo arriverà in “Lambo” un personaggio mitico e fondamentale : l’Ingegnere Giulio Alfieri, che insieme alle esperienze in Piaggio, Laverda, Honda, di crisi ne aveva già vista un’altra importantissima, quella della Maserati dove entrò nel 1953 perchè la vulcanica gestione Orsi accarezzava l’idea di una linea di produzione anche a due ruote, che tuttavia non vide mai la luce.
Alfieri applicò dunque subito il suo genio fianco a fianco con quello di un altro grande, Gioacchino Colombo, che iniziò progettando il motore della 250 F di Manuel Fangio.
Fu a causa del passaggio di Colombo alla Bugatti che lo sviluppo della mitica 250 F passò proprio a Giulio Alfieri, che progredì alla posizione di Direttore Tecnico.
Maserati : Motori, anzi gioelli
Il segno distintivo di Alfieri furono i motori: il suo ingresso in Maserati coincide con la trasformazione della Gamma, che passa motorizzazioni sportive e dalla cubatura entro il tetto dei 2 litri all’ espansione verso l’alto.
Arrivano i 3000, 3500 cc., 6 ed 8 cilindri, i famosi V8 con le testate color verde, ma soprattutto l’ingresso di Alfieri coincide con la nascita del filone Maserati “Gran Turismo”, cioè con un interesse che via via si sposta dalle corse alla produzione stradale della Casa del Tridente.
Il punto di svolta fu il periodo 1956/1957 quando, con la Maserati ancora protagonista del Mondiale F1, si gettarono le basi della storica 3500 GT, la prima Maserati di eccellenza costruita in grande serie.
Alfieri ne fu il patrono, sobbarcandosi per mesi una full immersion in Inghilterra per conoscere (come ebbe modo di raccontare in una Conferenza nel 2000) la capacità degli inglesi di costruire macchine di qualità, curando i particolari e tenendo bassi i costi.
Poi arrivarono tutte le altre, l’elenco delle realizzazioni del vulcanico ingegnere non finirebbe mai, quindi ne ricordo solo alcune : 3500 GT, Mexico, Quattroporte e Ghibl.
Mentre per Bora e Merak il suo apporto fu limitato alla parte meccanica, perché nel frattempo la Maserati passava sotto il controllo di Citroen e la cultura anticonvenzionale e “popolare” della Casa francese, unita ai timori per la nascente crisi energetica, si scontrarono molte volte con l’ “Umanesimo” motoristico” e la cultura aristocratica di Alfieri in campo meccanico.
Aristocrazia che vide il suo momento “clou” – molti anni prima dell’ingresso di Citroen – nella visita che lo Scià di Persia fece alla Maserati, nel 1958, per delineare un’auto esclusiva per il suo tempo libero.
Passo dopo passo prende forma, sotto la supervisione ed i consigli di Orsi e Alfieri, una fuori serie carrozzata dalla Touring e motorizzata con motori derivati dalla famosa 450S (da cui derivò la Mostro di Stirling Moss) dai cui monoblocchi Alfieri realizzò un motore da 355 cv, posizionandolo in un telaio rielaborato della 3500 GT.
Da quel pezzo unico derivò la famosa ed esclusiva mini serie della 5000 GT, l’apoteosi, se vogliamo, della famiglia del V8 Made in Alfieri, che nel 1963, limitato a 4,2 litri, equipaggiò la prima serie della Quattroporte.
E arrivò la crisi alla Maserati……
La gamma dei superlativi V8 venne tuttavia relegata ad una sempre più esigua produzione Top dal nuovo corso Citroen, che però da un lato deborda pericolosamente verso il mercato di Ferrari e Lamborghini e dall’altro toglie respiro alle Berline di prestigio, poichè Citroen impone sistematicamente la tagliola del V6 entro i 3000cc, con esempio più lampante della Quattroporte II Serie di cui abbiamo parlato precedentemente e che dunque si trasformò in un flop. Come finì per essere un quasi flop la spaziale SM – la famosa Citroen Maserati – di cui Alfieri, con notevole disappunto, progettò il motore facendo tuttavia ben presente alla Citroen le controindicazioni di un piccolo 2700 cc su un corpo vettura due porte così pesante.
Ma la Casa francese mirava a conseguire il minimo peso fiscale che il Governo consentiva ad auto sotto certe soglie di cilindrata e potenza, l’intenzione si scontrò ovviamente con il gradimento del mercato.
I continui mal di pancia e l’idea di Citroen di chiudere lo stabilimento Maserati di Modena del 1975, probabilmente segnano il punto di non ritorno nei rapporti tra l’ingegnere italiano e la Casa francese.
A ridosso del cambio di “orbita”, da Citroen al De Tomaso, matura l’abbandono dell’ambiente che Alfieri amava, e che aveva contribuito a trasformare con cura.
L’Ingegner Alfieri passò per diverse esperienze in Laverda, Honda e dal 1979 fino al 1987 lavorò appunto anche per il rilancio della Lamborghini, lasciando il segno del suo genio e del suo “Umanesimo motoristico”.
Un “Umanista del motore” che ancora oggi lascia il segno
Un ricordo personale: in una intervista del 1985, su una testata nazionale, ricordo come con una capacità ed una chiarezza comprensibile dall’ “l’uomo della strada” come me, Alfieri spiegò un concetto criptico come quello della lubrificazione di un motore e dei relativi problemi (centrifugazione e rischio di emulsioni e schiume, sezioni dei condotti di passaggio, etc…) chiosando con una frase finale che raramente avrei mai più sentito da un tecnico : “L’olio è un amico, ma può diventare anche nemico del motore“.
Posted by Riccardo Bellumori
(Copyright foto di Copertina : L’ing. Giulio Alfieri – foto Sala, Archivio Dott. Adolfo Orsi)