Brexit e Settore Auto. E il Giappone?
Provo a ripercorrere la storia dell’automotive giapponese dal 1995, e trovo tre fatti importanti e in qualche caso tragici, successivi ad oltre trent’anni di sviluppo e progressione commerciale che ha portato tutte le Case del Sol Levante ad aggredire i mercati internazionali prima con le moto e poi con le auto.
E in particolare il 1995 si apre con il terribile terremoto di Kobe che causò danni economici e finanziari incalcolabili, stoppando la corsa dei produttori giapponesi nel settore Auto (basti pensare che il numero di Brevetti conseguiti dai costruttori nel campo della mobilità ecologica – elettrica ed ibrida – fin dai primi anni ’90 ponevano già il Giappone in un ruolo di predominio incontrastato : In particolare basta controllare la quantità di brevetti e cicli produttivi che le case hanno ceduto o trasferito nei mercati occidentali o in via di sviluppo).
Successivamente il Giappone tornava a riprendere le proprie quote anche in Europa per effetto soprattutto degli accordi commerciali internazionali e delle barriere sempre più blande tra le varie dogane.
Poi è arrivata la crisi dei “titoli tossici” del 2007: il mercato auto ne ha risentito per riflesso. Toyota dal 2008 superò lo storico primo posto mondiale della General Motors e poi cominciò a combattere con VW.
Ma lo tsunami del marzo 2011 ha fatto ritornare il Giappone nel baratro: recessione e crollo della produzione industriale, enorme bisogno di energia importata.
Oggi le industrie automobilistiche tornate a pieno regime produttivo sono molto forti nei settori emergenti (vetture Premium, Multi Purpose ed ecologiche).
Oltre a questo il neo premier Shinzo Abe ha avviato a suo tempo iniziative per una reale nuova guerra commerciale con il mondo : in primo luogo cercando la svalutazione dello Yen e potenziando l’export verso Usa ed Europa visto che a sua volta la nuova crisi diplomatica con la Cina ha portato spesso ad un segno negativo sulla bilancia commerciale con questo Paese.
E oggi? Oggi il rischio si chiama Brexit, con circa 1400 aziende giapponesi che impiegano 140.000 persone nel Regno Unito e che producono il 40% della manifattura inglese, ed il rischio di dazi, penalizzazioni e contingentamenti all’esportazione (tale sarebbe) dalla Gran Bretagna allo spazio UE si sente davvero pesantemente. Si prevedono aggravi pari al 10% del fatturato solo di dazi, più il probabile costo di subfornitura importata a causa della perdita di valore della Sterlina. Se infatti subito dopo le previsioni di scrutinio della Brexit il Nikkei è precipitato per poi risalire è anche per questi motivi.
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Posted by Riccardo Bellumori