Consumo carburanti 2014: Il calo continua
Le varie contromisure e le strategie adottate nello scenario attuale non sembrano far ripartire i consumi, e anche se mancano pochi mesi alla fine del 2014, il quadro corrente non offre molta speranza. Basti osservare più da vicino i consumi del carburante, e le perdite che questo settore sta registrando. Sia che si tratti di benzina che di gasolio infatti, i consumatori stanno largamente limitando l’utilizzo dell’auto rispetto agli anni antecedenti la crisi.
Nel caso della benzina, basterà prendere come riferimento il quadro risalente a pochi anni fa, nel 2009, quando all’epoca il consumo annuo di petrolio corrispondeva a 10.600 tonnellate circa, mentre solo l’anno scorso, nel 2013, i consumi si sono assestati sulle 7.900 tonnellate. Una differenza di oltre complessiva per oltre 2.500 tonnellate di petrolio. E nel 2014?
Stando ai dati ricavati dal Ministero dello Sviluppo Economico, il calo attuale è dell’1%, e l’ipotesi di una ripresa nel 2015 non lascia tutti concordi. Diverso invece il caso del gasolio, che nell’ultimi 12 mesi ha registrato un andamento positivo e incoraggiante. A differenza della benzina, il calo del gasolio era persino superiore, e nel 2009 si registravano 25.400 tonnellate circa di consumi, contro le 22.300 circa registrate l’anno scorso. L’andamento tuttavia ha rivelato una debole ripresa nel 2014, con un rialzo positivo dello 0,9%. Un dato interessante che permette di guardare con più speranza alla ripresa del carburante.
La situazione tuttavia preoccupa per le allarmanti implicazioni di questa perdita. Il calo dei consumi nei carburanti e nel settore petrolifero in generale, comporterà una perdita nelle casse dello stato pari a mezzo miliardo di euro. Una cifra che in un momento di stallo economico come questo sarebbe di vitale importanza. Ad accrescere il disagio di questo settore è anche la situazione delle raffinerie, vittime di aiuti statali discontinui e di una concorrenza estera sempre più forte, a cui si sommano le norme ambientali europee a cui sottostare. O forse, più semplicemente, sarebbe necessario rivedere il piano vigente sulla tassazione e sulle accise, dal momento che la pressione fiscale italiana n questo ambito supera largamente la media europea.